Biografia – La grande speranza del dopoguerra

A fine aprile 1945, durante le giornate che segnarono la conclusione della lotta di Liberazione e la fine del secondo conflitto mondiale, Luigi Venzano si trova a Sestri. Senza aspettare l’ormai prossima fine delle scuole , si è affrettato ad andare a Sestri per ricondurre Giorgio a Cornia. Ormai è evidente che le cose stanno maturando e che lo scontro finale è imminente (e forse ha avuto anche qualche indicazione in questo senso dall’ambiente partigiano con il quale è in contatto); è quindi inutile aumentare le ansie con situazioni di lontananza! Scuola o non scuola, è bene che anche Giorgio sia in famiglia. Cos’ è corso a Sestri con l’intenzione di accompagnare il figlio a Cornia; in effetti fa solo in tempo a raggiungerlo che in tutta Genova inizia l’atto finale della lotta di Liberazione. Fortunatamente tutto avviene molto rapidamente e presto la famiglia può riunirsi nella felicità conseguente alla fine di un lungo incubo. Appena possibile si lascia anche Cornia per ritornare definitivamente a Sestri: riprende la vita.

Ritornano gli entusiasmi; c’è in tutti la sensazione di avere vissuto qualcosa di grande , la volontà di fare sì che questo ultimo pesante sacrificio serva veramente a qualcosa. I rappresentanti del CLN sono nello studio di Luigi Venzano nei primi giorni seguiti alla Liberazione: Sestri è orgogliosa della sua attività partigiana e vuole onorare degnamente quanti vi hanno partecipato, in particolar modo quanti, in città e sulle montagne hanno testimoniato con la loro vita. I rappresentanti del CLN chiedono a Venzano di fare una proposta e lui lancia l’idea di un Monumento-Sacrario da erigere al Cimitero dei Pini Storti: una cripta per raccogliere le spoglie dei Caduti; le statue del “Sapista” e del “Partigiano” a fare da guardia d’onore all’ingresso; all’interno un altare con su il gruppo della “Pietà”, luogo di preghiera e ricordo del dolore di tante madri e di tante famiglie per la perdita dei loro cari.

L’idea piace ed è fatta propria dal CLN Sestrese, che istituisce un comitato per la realizzazione: bisogna trovare fondi, collaborazioni, ottenere approvazioni. Il Sacrario dei Partigiani ai Pini Storti sarà realizzato molti anni dopo (è stato inaugurato soltanto nel 1950); le difficoltà economiche faranno rinviare a tempi migliori, di fatto sine die, la realizzazione delle statue e tutta l’opera si ridurrà agli aspetti architettonici; sarà comunque l’ultima grande soddisfazione per l’ormai vecchio artista.

Eppure, nonostante i 60 anni suonati e soprattutto le evidenti tracce di molte fatiche che fanno apparire forse in maniera prematura i segni dell’età negli anni dell’immediato dopoguerra Luigi Venzano sembra avere ricevuto una nuova iniezione di vita. Con grande entusiasmo partecipa alla riorganizzazione del sindacato degli artisti (Pittori e scultori); fa parte del primo consiglio direttivo, si impegna nella organizzazione delle prime mostre collettive. Quando a Genova viene organizzata una “Mostra d’Arte Sociale” riprende la vecchia idea del gruppo BARRIERE, la sviluppa e con essa partecipa. L’opera è acquistata dall’allora Ministro degli Esteri Pietro Nenni che, con il Capo dello Stato De Nicola, è venuto ad inaugurare la mostra. Purtroppo l’opera non sarà mai ritirata nè pagata; la crisi di governo, intervenuta proprio nei giorni immediatamente successivi, farà scomparire le tracce dell’acquisto, rimasto solo indicato da un cartellino appeso all’opera. Luigi Venzano ne prova una grande delusione; cerca di aiutarlo da Roma il vecchio Tullio Cavagnaro con qualche intervento nell’ambiente politico, ma non si conclude nulla.

In questo periodo partecipa anche ad un nuovo concorso indetto dal Comune di Genova per un monumento a G. Mameli. L’opera non incontra particolari notazioni della critica e della giuria che, ancora una volta, non assegna il lavoro.

Il suo studio ritorna ad essere aperto ad artisti amici, ed a giovani che vogliono imparare, tra questi anche il figlio Marco; con i giovani Venzano insiste sull’importanza di una solida preparazione tecnica: saper disegnare anzitutto, primo momento per esprimere le proprie intuizioni artistiche. Come al solito offre i suoi insegnamenti in maniera del tutto gratuita. Segue anche con interesse e con piacere l’avvio degli studi di architettura del nipote Giuliano, il figlio di Nilla, che, ultimato il liceo artistico, si iscrive alla facoltà di Architettura dell’Università di Roma.

Anche la vita della famiglia, ripristinate le cose “essenziali”, tende a riprendere il corso sperato. Come premio per la promozione, nell’estate del 47 c’è un viaggio-vacanza a Roma. Tutta la famiglia insieme; il punto di appoggio è l’amico Carlin Rixi, che li ospita nella sua casa a Roma. Il premio è di fatto una autentica “maratona” tra Musei, Chiese, Palazzi, Gallerie, ma la cosa è vissuta da tutta la famiglia con estremo interesse ed entusiasmo. L’esperienza è più che positiva per tutti e sarà ripetuta gli anni successivi in Toscana ed Umbria prima, a Venezia dopo.

Ma poi, pur con l’entusiasmo sempre vivo per la pace e la libertà riacquistate, emerge una realtà ancora dura e pesante. L’Italia deve di fatto constatare di essere tutto un cumulo di macerie; bisogna ricostruire tutto, le risorse disponibili sono pochissime e certamente non destinabili al superfluo, come è l’arte. Luigi Venzano continua a lavorare, ma spesso si tratta di lavori da poco, con compensi scarsissimi, a volte persino in gran parte in natura, come è il caso degli ortolani di San Giovanni Battista che, per esaudire un voto fatto, gli chiedono una statua della MADONNA DEL GAZZO in marmo; pagheranno soltanto le spese vive, e gli faranno omaggio di molte cassetta di ortaggi.

A Luigi e Maria Venzano non rimane molto del tanto lavoro e dei tanti sacrifici fatti in precedenza: i risparmi si sono volatilizzati per l’inflazione; c’è la casa, è vero, ma questa, oltre a fornire l’abitazione alla famiglia, non rende praticamente nulla in conseguenza del regime di blocco delle locazioni; l’unico introito sicuro rimane il modesto stipendio della maestra. Le necessità economiche invece sono sensibili e certamente cresceranno nei prossimi anni. I ragazzi sono ancora giovanissimi, ci vogliono soldi per farli crescere, vestirli, mandarli a scuola. Giorgio frequenta il liceo classico, è bravissimo e certamente proseguirà i suoi studi all’Università. Anche Marco e Matilde, se lo vorranno, dovranno poter fare lo stesso. E’ una strada lunga. Per Luigi e Maria, tra l’altro non più giovanissimi, si crea una certa psicosi: la paura di rimanere a metà strada. Luigi in particolare soffre questa situazione: ora che la guerra era finita sperava di riprendere a lavorare, come negli anni venti e trenta, ma le cose non sono così, per le difficoltà economiche generali già ricordate, e forse anche per una sua incapacità ad adattarsi ai tempi molto cambiati. Sente e soffre moltissimo l’insicurezza sul piano economico della propria professione, ma è sempre meno capace di curarsi di questi aspetti, intasandosi anche di lavori eseguiti gratuitamente per questa o quella iniziativa. La tensione crea anche qualche screzio con la moglie, subito superato; matura però una importante decisione: è ormai evidente che per l’età e per la situazione generale è assolutamente improbabile che lui abbia occasione di fare lavori di scultura di grandi dimensioni. I figli è meglio che curino la passione per le cose artistiche come un hobby e che proseguano negli studi che possono aprire per loro una professione più sicura e meno aleatoria della scultura. In questa situazione conservare per sè uno studio enorme alto d’aria oltre sette metri è un lusso; meglio dimezzarlo con una soletta ed affittarne una parte ricavandone qualcosa che aiuti a portare avanti la famiglia. E’ una grande rinuncia, ma Luigi si immedesima nei lavori, cercando di nascondere nell’impegno per seguire la costruzione la grande tristezza interna che ha accompagnato per lui questa decisione.

Alla fine del 49, colpito da infarto, muore improvvisamente Davide: un dolore grandissimo ed una perdita per tutta la famiglia. Fratello maggiore ed amico fraterno, è sempre vissuto vicino a Maria ed a Luigi, pronto ad intuire le situazioni difficili per intervenire, discreto e provvidenziale nelle situazioni di necessità, felice di essere chiamato a vivere le vicende della famiglia, le gioie piccole o grandi per una lieta ricorrenza o per una semplice passeggiata fatta insieme. Il colpo è duro, ma viene incassato: la vita procede e deve procedere ugualmente, i figli sono sempre più ragione di vita e di impegno. Giorgio inizia l’università; non ci sono stati problemi per la scelta , la chimica è sempre stata la sua passione. I risultati sono brillantissimi. Marco e Matilde proseguono bene anche loro.

Luigi si sistema con rinnovato entusiasmo nel suo nuovo studio ricavato nella parte superiore; è ancora molto spazioso, vi costruisce con l’aiuto dei figli paratie in legno per meglio utilizzarlo, riordina lì i gessi che ha conservato, le attrezzature, lo spazio per lavorare. Riprende a lavorare con una certa continuità: lavori su commissione (specialmente tombe) e no. Appartengono a questo periodo, oltre alle opere già citate, il TABERNACOLO per la chiesa di Varazze, la figura di giovanetta IL NIDO, i ritratti del pittore NATTINO, dell’amico PORATI, di GIANNA ed EDI, alcuni bassorilievi con la MADONNA CON IL BAMBINO, la fontanina del putto in groppa alla tartaruga (TARTARUGHINO), due statuette di un GIOCATORE DI BOCCE e di un GIOCATORE DI CALCIO, molte tombe, tra le quali ricordiamo le tombe BAFFICO e GAGGERO al cimitero dei Pini Storti e la tomba CORINTO a Staglieno.